Che il Religioso non deve occultare li mancamenti delli fratelli, ne li suoi proprij, che non li manifesti al superiore.
Ibidem. Cap. 46.
Si deve riferire al superiore qualsivoglia defetto, & mancamento ò da quell' istesso, che l'hà commesso, ò da quelli che lo fanno, se loro non lo possono emendare conforme al precetto del Signore. perche la malitia occultata, è infirmità nell' anima: & si come niuno dirà esser benefico verso il prossimo colui, che occulta le cose, che sono nocive al corpo, ma si bene quello che benche con qualche dolore, & molestia, le scopre acciòche per vomito, o per altra via si dia rimedio al male conosciuto; cosi nascondere il peccato, non è altro, che cooperare alla morte dell' infermo. perche il stimolo della morte è il peccato, dice San Paolo. Molto megliori sono le reprensioni, che con charità, & fidutia si fanno, che l' amicitia nascosta. niuno adunque deve occultare li mancamenti d' altri, che non ne dia aviso al superiore, acciò provegga; & molto manco li suoi proprij. perche quello che non si cura di se, ne d' altri; è fratello di quello, che perde se stesso. il superiore non può vedere, & sapere ogni cosa per se stesso; però deve essere avisato, & aiutato da altri, & chi non fà questa charità ama poco la Religione, li fratelli suoi, & se stesso. perche lui ancora riceve danno, & vergogna delli commandamenti delli prossimi, se non sono corretti, & emendati.