Della cura, che devono havere li Religiosi di caminare virtuosamente conforme alla loro vocatione,
Eusebio Emisseno ad Monachos. Ho. IX.
Fatto in vero di gran virtù lasciare il mondo, e farsi Religioso; ma dall' altra parte poi è grandissimo mancamento il non vivere nella Religione nella maniera, che uno è obligato; imperciòche nulla giova, ch' io vada in luogo di pace, se dall' altra parte il cuor mio è pieno di mille perturbationi; e parimente poco serve, che l' esteriore sia ripieno di gran serenità, se l' interno nostro stà tutto tempestoso, e travagliato da varie, e disordinate passioni. Siamo soliti andar contando il tempo, e gl' anni, che siamo stati in Religione; Ma chiunque tu sia di gratia non t' ingannare col copioso numero del li giorni; ma fà conto d' havere sol quel giorno vissuto, nel quale hai valorosamente contrariato alla propria, e sensuale volontà tua, & nel quale parimente hai fatto resistenza alli mali desiderij, & hai perfettamente osservato tutte le tue regole. Quel giorno dico devi mettere à conto nel quale non sei stato imbrattato dal peccato dell' invidia, della superbia, da bugie, ò qual si voglia altro male. Quel giorno puoi giustamente numerare, il quale è stato illuminato dalla purità, e luce della santa Meditatione, e non è stato dall' altra parte oscurato dalle tenebre della mala, e scandolosa conversatione. Finalmente quel giorno solo puoi mettere al libro della tua vita, nel quale hai cavato frutto per l' anima tua.
Sogliamo ancora noi Religiosi compiacerci delli molti digiuni, e vigilie che facciamo, e pur' accade molte volte, che dopò queste vigilie ci diamo subito à dir male, e mormorare dell' altrui fatti, & à spendere il tempo in ragionamenti otiosi, e vani. E` certamente quello che fà simili cose, e che dopò l' essere stato in choro và intemperatamente, e furtivamente à mangiare con abominevole viltà d' animo, minor male farebbe, e più tollerabile, che attenendosi da simili vitij stesse tutta la notte in un buon letto dormendo. Imperòche certa cosa è, che colui, che mentre s' astiene dal vino, si turba, & imbriacha d' ira, e di sdegno, e mentre parimente si macera con l' astinentia delli cibi mangia in un medesimo tempo il veleno dell' odio, già questo tale sente la sentenza, e condennagione contro di se dalle parole del Profeta nelle quali si dice. Non tale ieiunium elegi, dicit Dominus, cioè à me non piace dice il Signore tal sorte di digiuno: e da quell' altre parole. Ex vinea Sodomorum vinea eorum: & vitis eorum ex Gamorra. Uva eorum una fellis, & botrus amaritudinis ipsis. Cioè la vigna loro è come le vigne di Sodoma; e li viti della medesima vigna paiono traspiantate da Gamorra: il mosto che si cava dall' uva è come fiele, e l' istessa uva mangiata nelli graspi è molto amara.
Mi pare con questa occasione ancora d' avvertirvi, che alle volte accade, che il Demonio dia ad intendere à coloro, che hanno l' anima loro spogliata del timore di Dio, che quando malediciamo, ci sdegnamo, o calunniamo altri, come diceva di sopra, ci pensiamo senza punto fare danno à noi nuocere ad altri; Ma la cosa non stà così anzi che tutt' il male, che da ciò nasce casca sopra l' autore del medesimo peccato; si come dice la Sacra Scrittura con quelle parole: Fili si malus fueris, solus havries mala. E cosi il detrattore, e mormoratore macchia la sua propria lingua, l' huomo maligno impiaga il suo cuore; l' iracondo si priva del lume dell' intelletto: l' invidioso à guisa di ruggine, e d' una velenosa postema corrompe l' anima propria. E si come dicono che le Vipere nascono squarciando aspramente il ventre alla propria madre: cosi nel medesimo modo li peccati vengono prima à lacerare, e ferire quelli nel cui petto sono stati concepiti, e generati. E di tali parti, parlando la Santa Scrittura dice: Ecce parturit iniustitiam, concepit dolorem, & peperit iniquitatem. Convertetur dolor eius in caput eius, & in verticem ipsius iniquitas eius descendet; Cioè ecco che concepì il dolore, e parturì l' ingiustitia, & iniquità, e per ciò tutto il peccato andarà sopra di lui, e tutt' il male cascarà sopra la sua testa. Havendo io dunque considerato bene l' importantia delle cose, che hò detto di sopra, l' animo mio si cruciava molto mosso da fervente carità per le negligentie, e colpe commesse da alcuni di voi: Ma lasciando per hora da parte quel soverchio dolore, vengo adesso e vi comando, ammonisco, & insieme con tutto l' affetto del cuor mio (il qual credo, che non debbia essere sdegnato da voi) vi scongiuro, che per l' avvenire correggiamo li nostri costumi, emendiamo le negligentie; acciò che non habbiamo dopoi [sic] ad andare in luogo dove siamo corretti, ma con la dolce, e soave verga delle sante parole, & ammonitioni, ma con quelle asprissime battiture, che giustamente sono dovute alli cuori protervi, & ostinati.
Affatigatevi fratelli da qui avanti, che sia fra di voi una santa, e lodevole emulatione, e che ciascuno si sforzi d' essere nell' opere di Dio il più diligente, nell' oratione il più fervente, nella lettione delli santi libri il più sollecito, nella castità il più puro, nella sobrietà il più parco, nelle devote lachrime il più tenero, nel copro il più honesto, nel cuore il più sincero, nell' ira il più mansueto, nella mansuetudine il più moderato, nel ridere, e burlare il più ritenuto, nella gravità il più maturo, nella charità il più giocondo. E cosi procuriamo in ogni modo di correggere noi medesimi, e facciamo ogni giorno l' essame, considerando come ci siamo portati nelle nostre attioni. Parli ciascuno à se stesso nel più segreto del suo cuore dicendo: Vediamo un poco anima mia s' io hò passato questo giorno senza offendere Dio, come sono stato ceritativo, come hò raffrenato la lingua mia dal mormorare, e dir male del prossimo: Esaminiamo se hoggi hò fatto alcuna opera, la quale mi habbia aiutato alla perfettione, & habbia insieme dato buona edificatione all' altri. Hoime, che hò gran paura d' havere in questo giorno fatto col male essempio mio gran danno à quello, che adesso comincia à servire Dio, & insieme sono stato disobediente, alli miei maggiori; hoggi hò parlato doppiamente, e con menzogne, sono stato disleale, mi sono lasciato vincere dall' ira, e dalla gola, hò riso, e burlato soverchio, & hò mangiato, bevuto, e dormito più del mio bisogno. Hora infelice me chi mi restituirà questo giorno il quale hò consumato, anzi perduto tutto in favole vane, & otiose.
In questa maniera fratelli miei dobbiamo compungerci dentro alle nostre camere entrando affettuosamente à rimirare le più segrete parti del cuor nostro. Il che se farete come spero da una parte mi rallegrerò del profitto vostro, e voi dall' altra sentirete grndissimo contento della guadagnata salute, et io non mancarò in tanto di affaticarmi per cooperare al bene dell' anime vostre.
In tanto Dio benedetto vi faccia gratia per sua pietà, che habbiate à cavare tanto frutto da questo nostro ragionamento, che possiate vicendevolmente aiutarci con li vostri meriti, & siate finalmente tali, che in questo mondo, c' apportiate con le vostre veruose attioni ornamento, e nell' altra con le vostre orationi appresso Dio aiuto, e favore.