Se è bene à far voto d' entrar in Religione.
Cap. XI.

  [S. Th. 2.2. q.88 ar.4. de ver.9. 189. art.2. op.17. cap.2. 12. 13.] Non è dubbio alcuno che altra cosa è il solo, & nudo proposito d' entrar in Religione; & un' altra è il voto d' entrarvi. perche il primo non obliga. Onde chi haveva solo il proposito può lasciar d' entrare: ma il secondo, cioè il voto, obliga, ne si può salvare chi hà voto, se non entra; se però non lo scusasse qualche legitimo impedimento, overo se non ne fosse assoluto da chi hà tale autorità. & perche vi è pericolo di violar il voto: però primo di farlo, vi bisogna matura consideratione & deliberatione. Ma non è già vero quello che dicono alcuni, che per il pericolo, che vi è di violarlo, non è lecito far tal voto. perche cosi bisognarebbe scancellar quelle parole del Salmo. [Ps.75.] Vovete & reddite domino/. & si potrebbono biasmare tutti gli huomini pij & santissimi, che fecero voti. Hor chi haverà ordine, ò per dir meglio, chi sarà tanto temerario fra Catholici, che li basti l' animo non solo di dire, ma ne pure di pensar questo? Costoro vogliono mettere scropolo et paura dove non vi è causa di paura, & però non s' hanno d' ascoltare. perche se il pericolo nascesse dalla natura del voto; con ragione si potrebbe fare scropolo, & sconsigliare detto voto: ma perche il pericolo nasce solamente dall' inconstanza dell' humana natura, che può cader in tutti gli huomini; se l' inconstanza d' uno non fosse molto chiara & manifesta non s' hà da lasciare di far voto di Religione, quando uno si sente mosso interiormente à farlo. & ciò per fermarsi più nel santo proposito, per meritare più, & per far cosa più grata & accetta à Dio. si come non si lascia di cavalcare, ben che alcuni caschino da cavallo, & si facciano male; perche non è commune à tutti. cosi è del voto; ben che alcuni non l' osservino, essendo cosa buona, non però si deve lasciar di farlo. Ne manco è vero, anzi è falsità espressa, anzi heresia, quello che dicono, che si perde il merito dell' opera che uno fà per voto; poiche lo fà per obligo & necessità di sua propria volontà, per star fermo & perseverare nel bene, che si determinò di fare; & per non poter più ritirarsi adietro, volendo imitare, (quanto patisce la fragilità humana) i beati che non si possono ritirar dal bene. Et per questo s' hà rallegrar molto, che non gli sia lecito quello, che con suo gran danno prima gli era lecito. Et se pure qualche contentioso volesse difendere che alle volte non sia bene far voto, se li può rispondere senza pregiuditio della verità mostrata di sopra: che ben potrebbe esser vero quello che dice in qualche caso, ò in alcuna persona particolare, non già in universale; ma questo sarà per accidente, & per difetto di qualche circonstanza vitiosa di persona, fine, & modo: cioè se la persona fusse tant' instabile, che ad ogni momento si facesse voto per mal fine, ò se si fidasse più delle sue forze, che dell' aiuto divino. Come dunque non vi sia niuna di queste cose, può l' huomo senza pericolo, & con grandissimo merito far voto. Per ciò che, come di sopra s' è detto, secondo la dottrina di San Thomasso, & de gli altri dottori, [S. Th. 2.2. q.88. ar.6. & q.189. art.2. quo.3. ar.12. ad 3. fusius op.17. ca.12. & op.18. ca.12.] l' opere dell' altre virtù morali fatte per voto sono di maggior merito, che fatte senza voto. Prima perche il voto è atto di latria virtù principale fra le virtù morali. Hora conciosia che l' opera quanto nasce da virtù più nobile, tanto è meglior & più meritoria; di qui è che l' atto d' una virtù inferiore per esser ordinato da una virtù diventa meglior & più meritorio, che se procedesse solo da la propria virtù; come per essempio l' atto della fede ò della speranza diventa molto più perfetto se vien comandato dalla carità, che se da la sola fede, ò speranza procede. & però gli atti dell' altre virtù morali, come il digiunare, che è atto d' astinenza, il contenersi da i piaceri carnali il che è atto di castità, & altri simili megliori sono, & più degni di merito facendosi per voto, poiche cosi già appartengono al culto divino, come certi sacrificij: secondariamente l' opera buona fatta per voto è più degna, & più perfetta che se non fusse fatta per voto: perciòche colui che fà voto di qualche cosa à Dio, & la fà, più si rende soggetto à Dio, di colui che la fà senza voto. perche si suggetta à Dio non solo nell' opera, ma ancora quanto à la potestà, poi che del resto non può far dimeno che non la faccia. si come più darebbe ad un' amico chi gli desse i frutti solamente, come ben dice Santo Anselmo. [In lib. de similit. ca.84.] Finalmente il voto fà l' opera più meritoria & più nobile, perche conferma & stabilisce la volontà nel bene. Hor il far il bene per una volontà ferma & constante molto conferisce alla perfettion della virtù, come ancora conobbe & insegnò il Filosofo. [Arist. 2. etic. c.1. 4.] si come all' incontro il peccare con animo ostinato aggrava l' istesso peccato, & si chiama peccato contra lo Spirito Santo. si che operandosi il bene per voto è di maggior virtù, & di più merito per esser fatto con volontà fortificata, & stabilita dall' istesso voto nel bene. & queste tre ragioni porta in questa materia il glorioso & Angelico dottore San Thomasso. Da la qual dottrina caviamo che è cosa da se stessa molto lodevole & di grandissimo merito il far voto d' entrar in Religione; quando vi sono le circonstanze che habbiamo dette di sopra. Et San Thomasso dice questo esser vero, [Op.17 ca.12.] non solamente in colui, che fa il voto, ma ancora in quello che lo persuade; quando si muove per carità, & conosce la constanza et fermezza dell' amico, alquale [al- quale] persuade il voto. perche è quasi coadiutor dello Spirito Santo, & cooperator della salute del prossimo; del qual atto, secondo il testimonio di Dionisio Areopagita, non può esser il maggiore, perche se è gran cosa l' essercitarsi nell' opere della misericordia corporali, maggiore senza dubio sarà l' essercitarsi nelle spirituali.


Quest'edizione digitale preparata da Martin Guy <martinwguy@gmail.com>, agosto 2001.
Ultima revisione dell'HTML: 28 dicembre 2005.